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Il Parlamento europeo ha deciso: dal 2035 stop alla vendita di auto benzina e Diesel

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Pubblicato il 15 June 2022
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Il Parlamento europeo si è finalmente espresso e ha sentenziato la fine della ventira delle auto di nuova immatricolazione benzina e Diesel entro il 2035

Arriva lo stop ai motori termici. Il Parlamento europeo ha votato a favore del divieto alla vendita delle automobili nuove a benzina, diesel e con motori a combustione a partire dal 2035. Questa data si riferisce soltanto alle auto nuove: quelle tradizionali e ibride già immatricolate saranno ancora libere di circolare. La decisione, sofferta e controversa, è arrivata dopo una lunga trattativa e con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astensioni.

Strasburgo ha bocciato l’emendamento per l’abbassamento della riduzione della CO2 dal 100% al 90%, che avrebbe permesso di allungare la vita a una quota di motori a combustione. Approvato, invece, l’emendamento bipartisan a prima firma di Massimiliano Salini (Ppe) che “salva” fino al 2036 i costruttori più piccoli, come quelli della Motor Valley, dall’aggiornamento dei limiti alle emissioni di CO2 (-15% al 2025 e -55% al 2030 rispetto al 2021). L’iter legislativo prosegue e ora è la volta del Consiglio europeo che dovrà confrontarsi con la Commissione Ue e l’Europarlamento nel “trilogo”, ovvero i negoziati informali dai quali scaturirà la decisione definitiva dell’Europa.

Dal 2035 stop alla vendita di auto con motore endotermico in Italia

Politica divisa e lunghe discussioni

La trattativa che ha portato fino a questo punto è stata in salita e costellata da polemiche e pareri discordanti. Lo stop ai veicoli inquinanti fa parte del pacchetto di riforme climatiche Fit for 55, presentato dall’esecutivo Ue a luglio 2021 con lo scopo di ridurre le emissioni totali di CO2 dell’economia europea del 55% – rispetto al 1990 – entro il 2030, per arrivare alla totale neutralità climatica nel 2050, come previsto dal Green Deal europeo. Ma il voto allo stop dei motori termici ha spaccato in due, tra favorevoli e contrari, la politica italiana e quella europea. Gli eurodeputati del Partito democratico si sono schierati per il sì, mentre Forza Italia ha da subito puntato sull’emendamento del Partito popolare europeo che propone di ridurre dal 100% al 90% lo stop alle auto non elettriche. Secondo Forza Italia, la misura avrebbe salvato migliaia di posti di lavoro e in questo modo i produttori di automobili avrebbero potuto ancora vendere vetture a combustione. Dello stesso parere anche Lega e Fratelli d’Italia. Il Movimento 5 Stelle ha invocato un fondo per la transizione energetica dell’automotive al fine di attenuare l’impatto sull’occupazione e norme ad hoc per evitare possibili delocalizzazioni.

Divisioni anche nel governo italiano, contrario allo stop totale di benzina e diesel e favorevole ai biocarburanti; nonostante il Cite avesse già dichiarato a fine 2021 che l’Italia avrebbe messo al bando le auto a combustione a partire dal 2035. In più il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani ha recentemente affermato che la proposta del Ppe per uno stop parziale sarebbe stata “ragionevole”.

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Preoccupazioni per il mondo del lavoro

La decisione epocale del Parlamento europeo ha scatenato le preoccupazioni dei sindacati e di tutto il settore automotive. Il segretario nazionale della Fim, Ferdinando Uliano, chiede “un tavolo ministeriale del comparto per non perdere ulteriore tempo davanti a una transizione che mette a rischio, se non governata, oltre 75.000 posti di lavoro in Italia”. Gli fa eco Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive Fiom-Cgil.

Gilberto Pichetto, viceministro allo Sviluppo Economico, considera il voto del Parlamento europeo “una soluzione molto ideologica e poco realistica. È difficile immaginare come sarà il 2035, sarebbe stato più appropriato ridurre le emissioni in maniera graduale”. Anche Anfia lancia l’allarme: “Ci sono 70.000 posti di lavoro a rischio nell’industria automobilistica italiana, legata alla produzione di componenti che non serviranno per l’elettrico. A oggi l’elettrico non è in grado di compensare la perdita di questi posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti”. Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte, esce dal coro dei no alla decisione di Strasburgo. “Il sistema industriale italiano legato alla produzione dell’endotermico non deve lasciarsi sfuggire questa occasione e deve adeguarsi e innovare. È inutile fare gli ultimi di un vecchio processo produttivo, dobbiamo approfittare del salto tecnologico, senza lasciare indietro nessuno”.

Le prossime mosse

Dopo il voto del Parlamento Europeo, adesso la parola passa al Consiglio Ambiente dell’Ue, in programma il 28 giugno. In questa sede verranno definite le posizioni dei vari Stati membri nella trattativa con le altre due istituzioni continentali. Il discorso dovrebbe chiudersi entro l’autunno: la decisione presa dall’Europarlamento avrà un peso determinante, anche se il futuro dell’automotive nel vecchio continente non è stato ancora scritto.

Pubblicato il 15 June 2022
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