Gli incentivi auto sono finiti in un lampo. Soprattutto quelli sull’auto elettrica sono andati in fumo in poche ore lasciando parecchi automobilisti che aspettavano proprio l’ecobonus per cambiare vettura a bocca asciutta.
Il ministro Adolfo Urso ha commentato l’iniziativa spiegando che da una parte hanno aiutato a svecchiare il parco circolante ma, dall’altra, non hanno sostenuto un tanto agognato aumento della produzione di automobili in Italia. Partiamo dai numeri.
I 5 obiettivi del governo
Quando ha attivato gli incentivi sull’auto elettrica del 2024 il governo ha perseguito varie finalità. La prima, chiaramente, quella di dare un sostegno alla transizione ecologica. Poi, rinnovare il parco circolante, aiutare i cittadini che si trovavano in difficoltà ad acquistare un’auto nuova e, ultimo ma non ultimo, spingere i costruttori italiani ad aumentare la produzione.
Se i primi 4 obiettivi sono stati raggiunti, sul quinto il ministro si è detto deluso. Le Case italiane, infatti, non hanno dato segnali significativi. E qui Urso ha più volte affermato che la situazione deve cambiare.
Un piano di lungo periodo
Secondo dati non ufficiali, l’83% degli automobilisti che ha comprato un’auto elettrica ha contestualmente rottamato un’auto Euro 0, 1, 2 o 3. Il 77% di chi ha chiesto l’accesso all’ecobonus era una persona fisica e, di queste, il 25% aveva un ISEE inferiore ai 30.000 euro. Quindi, se il ministro Urso si dice soddisfatto, è perché ha effettivamente aiutato le famiglie ad acquistare un’auto più moderna ed ecologica.
Questo non significa che è andato tutto liscio, anzi. Urso, però, ha già in mente come cambiare gli incentivi in futuro. L’idea è quella di una pianificazione pluriennale dell’iniziativa. Un po’ come accade in America, poi, l’idea è quella di dare bonus maggiori su vetture che sono costruite in Italia o che, per lo meno, usano una catena di fornitori presente sul nostro Paese. E qui si torna alla questione “produzione”.
L’Italia produrrà 1 milione di auto?
Già a inizio mese Urso aveva dichiarato di essersi immaginato una reazione diversa dalle aziende automotive. Poi, in un recente intervento al Meeting di Rimini, ha ribadito il concetto facendo nomi e cognomi: “il governo ha fatto la sua parte, Stellantis no”.
Poi ha aggiunto che è responsabilità del gruppo italo-francese di rilanciare l’auto in Italia e che se da una parte il governo ha messo in campo contributi importanti, dall’altro la parte “italiana” di Stellantis non ha riaffermato la centralità del nostro Paese per i marchi storici come Fiat, Lancia o Alfa Romeo.
Urso, in un colloquio con Carlos Tavares, ceo di Stellantis, chiese di ritornare a una produzione di 1 milione di auto (attualmente siamo intorno alle 500.000) ma, a suo dire, dopo aver creato condizioni favorevoli, non ha visto risposte adeguate.
Ora l’idea è quella di accogliere in Italia un grosso costruttore straniero, magari cinese, per mettere in competizione le industrie dell’indotto e la stessa Stellantis e provare a dare maggior slancio a un settore che resta strategico per l’economia del nostro Paese. Succederà davvero?