Tra i tanti siti produttivi di Audi sparsi un po’ per tutto il mondo, il complesso di Gyor, in Ungheria, rappresenta uno dei più importanti. Questo, infatti, è attivo da poco meno di 30 anni e ricopre un ruolo fondamentale nel processo di decarbonizzazione e nella produzione europea di Audi.
L’impianto ungherese è tra i più prolifici al mondo: è la prima fabbrica di motori del marchio tedesco e ha prodotto e produce tutte e tre le generazioni della sportiva Audi TT, la maggior parte dei Suv Q3 e alcune varianti della A3. In più, dal 2020, ha ottenuto, come gli altri stabilimenti europei, la certificazione “carbon neutral” grazie all’impiego di energia interamente derivante da fonti rinnovabili.
Una storia lunga 30 anni
Il complesso è conosciuto come Audi Hungaria ed è stato fondato con l’omonima società controllata da Audi AG. L’inaugurazione risale al 1993 e rappresenta ancora oggi uno dei più ingenti investimenti stranieri in Ungheria. L’attività a Gyor è partita con la produzione di motori, raggiungendo in fretta il titolo di prima fabbrica mondiale di propulsori per volumi annui: nel 2021 toccarono quota 1.620.000, insieme al traguardo dei 40 milioni complessivi. In seguito, nell’impianto ungherese sono stati prodotti anche parti di carrozzeria e intere vetture.
Oltre a motori e componenti forniti a tutti i marchi del gruppo, nel 1998 è stata installata la linea di assemblaggio finale della Audi TT, la prima sportiva Audi realizzata sulla piattaforma compatta del gruppo Volkswagen, dove poco prima era nata la Audi A3. Da questo momento in poi tutte e tre le generazioni della coupé e della Roadster, sono state ultimate a Gyor, unendo la meccanica prodotta in loco alle scocche provenienti da Ingolstadt. Alla TT si sono affiancante alcune varianti della A3, come la sportiva S3 di prima generazione e versioni della seconda e terza generazione. La vera e propria seconda linea è arrivata nel 2018 con il Suv Q3: a partire dalla seconda generazione la produzione si è spostata dallo stabilimento spagnolo Seat di Martorell a Gyor.
Come una piccola città
L’impianto ungherese occupa un’area di 5,2 milioni di metri quadrati e dà lavoro a circa 12.000 addetti, dei quali 5.000 impiegati nella produzione dei motori. Il complesso rappresenta anche un importante centro di ricerca e sviluppo che sta già convertendo le proprie competenze alla realizzazione di motori e assali per vetture ibride ed elettriche. Sono stati prodotti qua i primi motori per i modelli della famiglia e-tron e arriveranno sempre da qua i propulsori per i modelli alto di gamma del futuro sviluppati insieme a Porsche sulla nuova piattaforma Ppe.
Metano, vapori e biogas per l’energia pulita
Gyor è tra le fabbriche più recenti e moderne del gruppo Volkswagen ed è anche una delle più sostenibili. Nel 2020 ha ottenuto la certificazione di “carbon neutral”, dopo l’impianto Audi di Bruxelles, e compiuto un altro importante passo verso la neutralità dell’intera rete produttiva del marchio entro il 2025 e successivamente dell’intera filiera, fornitori compresi, secondo il piano Mission:Zero.
Il complesso ungherese brilla per la diversificazione delle risorse e l’ottimizzazione anche della logistica. A partire dal 2012, il fabbisogno di energia termica è coperto per il 70% da impianti geotermici, che utilizzano i vapori del sottosuolo generando 82.000 MWh l’anno, e per il restante 30% da metano e da biogas, riducendo le emissioni di CO2 di 50.000 tonnellate. Sempre nel 2020 si è aggiunta l’attivazione dell’impianto fotovoltaico a tetto più grande d’Europa. È stato realizzato insieme a E.ON e installato sopra i due edifici logistici: è formato da 36.400 celle, occupa una superficie complessiva di 160.000 metri quadri e genera una potenza massima di 12 MW.
Un ulteriore taglio alle emissioni di CO2
La neutralità nelle emissioni di CO2 è stata ottenuta anche grazie a una minuziosa ottimizzazione, che nel 2019 ha portato a una riduzione dei consumi energetici pari a 18.000 MWh e oltre 5.700 tonnellate di CO2 l’anno. La riorganizzazione della logistica, grazie a trasporti effettuati quasi esclusivamente su ferrovia, ha consentito un ulteriore risparmio di 13.000 tonnellate di CO2 l’anno. Infine le emissioni non eliminabili di alcuni processi, come i test al banco dei motori e le fasi di produzione, sono state bilanciate da programmi di riforestazione che hanno assicurato l’assorbimento della CO2 equivalente.